Saturday, March 24, 2007

Jacques Vaucanson e gli automi meccanici

Jacques de Vaucanson (1709-1782) nasce a Grenoble, dove studia dai Gesuiti. A quindici anni costruisce una navicella meccanica, ma è solo un'avvisaglia. Nel 1725 lo ritroviamo novizio presso i Minimi di Lione. Qui presenta gli automi che ha costruito e la cosa produce scandalo. Due anni dopo ritorna allo stato laicale ed incomincia un'avventurosa peregrinazione attraverso la Francia.
Inseguendo il progetto di costruire un androide, frequenta corsi di anatomia e medicina: costruisce nel 1732 il suo primo automa dalle fattezze umane. E' dello stesso periodo il cigno artificiale presentato all' Académie des Sciences dal meccanico Maillard, il cui progetto sarà riportato dal Gallon nelle Machines approuvées.
L'interesse manifestato da Vaucanson per la meccanica ed al contempo per la medicina, si allinea sulle più progressiste idee del '700, ed è finalizzato a costruire automi in grado di riprodurre i movimenti e le funzioni degli esseri viventi. Pur volendo costruire delle "anatomies mouvantes" riesce a creare automi spettacolari, che sorprendono per le loro strutture complicate. Se lo spirito è sorprendentemente scientifico, i risultati sono acclamati per la loro capacità di stupire: quasi fossero delle "macchine da baraccone".
Il primo androide che consacra il nostro alla fama è il suonatore di flauto.

"La figura è alta cinque piedi e mezzo, è seduta su una roccia posta su un piedestallo cubico. Nella parte anteriore del piedestallo si vede sulla destra un meccanismo che, con la trasmissione di molte ruote dentate, pone in rotazione un albero a gomiti a cui sono collegati, tramite dei fili, sei soffietti, i quali vengono così posti in movimento. Altri tre soffietti sono collegati allo stesso albero, superiormente ai precedenti. Questi nove soffietti convogliano l'aria da loro prodotta in tre differenti condotti, separati.
I tre condotti arrivano a tre differenti camere che fungono da accumulatori. Di qui i condotti si riuniscono e giungono alla cavità della bocca del flautista. Apposite linguette regolano il flusso e la pressione dell'aria soffiata.
Sulla sinistra del piedestallo, un'altro meccanismo a molla fa ruotare un cilindro lungo due piedi e mezzo e avente una circonferenza di sessantaquattro pollici. Esso è suddiviso in quindici parti eguali, ciascuna di un pollice e mezzo. Su di esse si appoggiano altrettanti tasti, le cui leve, mobilissime, sono mosse da denti posti alla periferia del cilindro. All'altra estremità delle leve si dipartono dei fili che comandano l'apertura delle valvole, il movimento delle dita, delle labbra e della lingua del flautista."





Poiché il cilindro, che funziona sul principio di un carillon, è dotato, oltre al moto di rotazione, anche di un moto di avanzamento lungo il suo asse, è possibile ad ogni giro variare le combinazioni dei movimenti. Lo studio dell'anatomia raggiunge livelli di eccellente perfezione nell'imitazione del soffio delle labbra, in modo da poter indurre nel flauto le note di ben tre ottave.

"Con l'azione di una levetta che varia l'apertura delle labbra, si imita l'azione di un uomo vivo, che è costretto a forzare per ottenere i toni bassi. Con la leva che ritrae le labbra, si imita l'azione con cui esse vengono allontanate dal becco del flauto.
"Con la leva che regola il flusso d'aria che proviene dal serbatoio, si riescono ad imitare perfettamente le azioni dovute ai muscoli del petto.

All'androide segue l'anatra meccanica: "un CANARD artificiel en cuivre doré qui Bois, Mange, Coüasse, Barbote dans l'eau et fait la digestion comme un canard vivant".


Tra sapere enciclopedico, ottimismo tecnologico e gusto della teatralità, la figura del Vaucanson si staglia, come emblema paradigmatico di un Settecento ricco di contraddizioni, ma anche di grandi germi di crescita. Hans Magnus Enzensberger, non senza una sua "morale" negativa, colloca il meccanico degli automi nel suo Mausoleum "delle illusioni, delle contraddizioni e della follia di ciò che si suole chiamare progresso".

Il pubblico era sceltissimo. Un fruscio
fremeè fra le toilettes di seta: fantastico!
Un vero capolavoro: l'anatra meccanica.
Era incantato anche Diderot. L'automa
sguazzava, ancheggiava nell'acqua:
Qual delicatezza in ogni sua parte!
[...]
Anche l'anitra fu perfezionata:
alfine beccava i grani,
digerendoli con cura, e il tanfo,
che pervade ora la sala,
è intollerabile. Vorremmo all'artista
esprimere la gioia che la sua magica
invenzione ha a noi tutti recato.

Si veda più in dettaglio: Vittorio Marchis, Storia delle macchine, Roma-Bari : Laterza, 2005.

http://www.automates-anciens.com/version_italienne/colonna_titoli/colonna_titoli_italiano.htm

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